Rezension über:

M. Chiabò / M. Gargano / A. Modigliani et al. (a cura di): Congiure e conflitti. L'affermazione della signoria pontificia su Roma nel Rinascimento: politica, economia e cultura (= RR inedita, saggi; 62), Roma: Roma nel Rinascimento 2014, 523 S., ISBN 978-88-85913-86-8, EUR 16,30
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Rezension von:
Michele Camaioni
SFB 923 "Bedrohte Ordnungen", Eberhard Karls Universität, Tübingen
Redaktionelle Betreuung:
Sebastian Becker
Empfohlene Zitierweise:
Michele Camaioni: Rezension von: M. Chiabò / M. Gargano / A. Modigliani et al. (a cura di): Congiure e conflitti. L'affermazione della signoria pontificia su Roma nel Rinascimento: politica, economia e cultura, Roma: Roma nel Rinascimento 2014, in: sehepunkte 15 (2015), Nr. 11 [15.11.2015], URL: https://www.sehepunkte.de
/2015/11/26789.html


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M. Chiabò / M. Gargano / A. Modigliani et al. (a cura di): Congiure e conflitti

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Lo studio delle dinamiche culturali, politiche e religiose inerenti il processo di costruzione di una monarchia papale in seguito al rientro dei pontefici nella città di Roma all'inizio del XV secolo, ha costituito nello scorso secolo uno dei temi tradizionali della storiografia occidentale interessata alle vicende relative al tardo medioevo e alla prima età moderna. Se gli studi ormai classici di Wolfgang Reinhard, Hubert Jedin e Paolo Prodi hanno tracciato un nitido quadro del progressivo "sviluppo di un nuovo modello monarchico del papato dopo la conclusione della crisi conciliarista", delineando i tratti essenziali della "ideologia" operante all'interno della corte romana e dell'"esercizio concreto del potere sulla Chiesa universale durante il tramonto della respublica Christiana medievale e l'ascesa irresistibile del sistema politico degli Stati moderni e della nuova economia" [1], entro tali coordinate generali sono presenti ancora margini per indagini indirizzate a chiarire aspetti specifici e risvolti locali di un fenomeno che, com'è noto, non riguardò soltanto le sfere della politica e della religione, del potere temporale e spirituale, ma incise profondamente anche sulla realtà artistico-culturale, economica, sociale e urbanistica di Roma e del suo territorio.

Ne fornisce convincente testimonianza il volume collettaneo curato da Myriam Chiabò, Maurizio Gargano, Anna Modigliani e Patricia Osmond, il cui intento è proprio quello di affrontare in chiave interdisciplinare, peraltro da prospettive meno usuali (storia economica, della letteratura, dell'arte e dell'architettura) o attraverso fonti documentarie poco note, un tema classico della storiografia politica sulla prima età moderna, quale quello della progressiva affermazione dell'autorità pontificia sulla città di Roma in seguito al periodo avignonese e al grande Scisma d'Occidente. Il volume, corredato di utili indici delle fonti manoscritte oltre che dei luoghi, dei nomi di persona e delle illustrazioni (riprodotte anche in cd-rom allegato), si compone 27 saggi oltre l'introduzione di Paola Farenga, presidente dell'istituto Roma nel Rinascimento, promotore del convegno internazionale svoltosi a Roma dal 3 al 5 dicembre 2013, di cui il libro raccoglie gli atti. Nonostante la scarsa organicità dei contributi e le notevoli differenze tra questi in termini di accuratezza, metodo e spessore scientifico, l'obiettivo dei curatori può dirsi complessivamente riuscito. La lettura di Congiure e conflitti permette, infatti, di comporre un mosaico assai vivo, variegato e complesso dei rapporti tra i pontefici, la curia, le istituzioni cittadine e la grande nobiltà romana tra la fine del XIV e i primi decenni del XVI secolo, quando con i pontificati di Giulio II e Leone X il secolare conflitto tra Comune e papato apparve risolto, nonostante alcune pericolose oscillazioni degli equilibri cittadini (si pensi al saccheggio di Roma operato dai Colonna nel 1526, alla vigilia del più drammatico sacco dell'anno seguente), in favore della Chiesa di Roma.

Come sottolineato da Arnold Esch nel saggio di apertura, una data chiave in questo lungo percorso è quella dell'estate 1398, quando a causa dell'inasprirsi delle contrapposizioni fazionarie tra i cosiddetti nobiles guidati dai Colonna e i populares fedeli agli Orsini, i romani offrirono al pontefice Bonifacio IX il plenum dominium sulla città di Roma. Secondo Esch questo atto, che in seguito i romani tentarono invano di rinnegare, "segnò la fine dell'autonomia politica e amministrativa" di cui le istituzioni comunali avevano goduto durante il periodo dell'esilio avignonese: fu da questo momento che la "partitocrazia comunale" venne, almeno formalmente, "sostituita dalla signoria pontificia" (12). Perché tale processo potesse dirsi compiuto, tuttavia, sarebbero dovuti passare ancora diversi decenni, durante i quali la conflittualità latente tra istanze localistiche della nobiltà e delle magistrature comunali e i progetti monarchici del papato si tradusse periodicamente in cospirazioni, disordini, rivolte, tumulti e congiure atte a delegittimare o indebolire l'autorità papale. Entro tale variegata tipologia di eventi si collocano i diversi episodi esaminati nel volume, dalla breve rivolta del 1434 contro Eugenio IV (studiata da Luca Boschetto ed Eleonora Plebani) alla più incisiva congiura di Stefano Porcari contro Niccolò V del 1453 (Anna Modigliani, Myriam Chiabò, Maurizio Gargano, Patricia Osmond), fino alla rivolta di Tiburzio del 1460 (Paola Farenga) e alla cosiddetta "congiura degli accademici" del 1468 ai danni di Paolo II, analizzata da Damiana Vecchia e Concetta Bianca (mentre, nonostante l'attenzione riservata alle vicende artistiche e urbanistiche del pontificato di Leone X da Micaela Antonucci, Anna Cavallaro, Raimondo Guarino, Rosanna Pettinelli e Franco Piperno, non viene trattata la presunta "congiura dei cardinali" ordita ai danni del papa Medici nel 1517).

Fu com'è noto a partire dal pontificato di Martino V Colonna (1417-1431), che i papi ristabilirono la propria residenza a Roma, innescando un processo che nel giro di alcuni decenni condusse a un decisivo rilancio della città quale centro della cristianità occidentale e rinnovato teatro della politica e della vita culturale europee. Queste trasformazioni, che investirono in profondità il tessuto urbano determinando il radicamento in città di nuovi attori e un complessivo riassetto degli equilibri sociali, posero tuttavia le premesse per un inevitabile scontro con le oligarchie municipali e con le istituzioni civili che avevano governato la città durante l'assenza della curia papale. Proprio la dialettica conflittuale tra vecchi e nuovi centri di potere, provocata dall'insediamento in città di cardinali, ufficiali di curia e altre figure influenti di forenses (stranieri), costituì un costante elemento di attrito tra i pontefici e la riottosa nobiltà romana, capace in determinati frangenti persino di accantonare gli annosi contenziosi che ne minavano l'unità, per contrapporsi agli interessi nepotistici di papi determinati dal canto loro a far valere le proprie prerogative di monarchi temporali, oltre che spirituali.

Quello della congiura o della rivolta non è tuttavia, l'unica chiave interpretativa del conflitto che vide protagonisti pontefici e poteri locali tra Trecento e Cinquecento. Se infatti, in momenti di particolare tensione interna o interstatuale, il ricorso alla forza fu considerata l'opzione migliore, ordinariamente il rapporto tra papato, istituzioni cittadine e nobiltà romana si giocò nel segno della negoziazione e del compromesso. Accanto ad azioni repressive i pontefici misero in campo infatti strategie più elaborate di contenimento dell'influenza dell'aristocrazia locale in ambito urbano e di progressiva appropriazione del controllo amministrativo ed economico della città. Tali strategie si dispiegarono attraverso un duplice processo di cooptazione di parte della nobiltà nelle gerarchie curiali e, parallelamente, di svuotamento o di "addomesticamento" degli uffici municipali più importanti ai fini della gestione economica, della pianificazione urbanistica e della committenza artistica, terreno privilegiato del mecenatismo pontificio (su questo punto si vedano, oltre ai citati saggi su Leone X, i contributi di Flavia Cantatore su Sisto IV committente di architettura a Roma e di Tobias Daniels sulle possibili connessioni tra alcuni particolari della Cappella Sistina e il coinvolgimento di papa Della Rovere nella congiura dei Pazzi del 1478 contro Giuliano e Lorenzo de' Medici).

Particolarmente significativi, da questo punto di vista, appaiono i saggi di Andreas Rehberg sul ruolo dei Consigli romani nel primo Cinquecento, di Luciano Palermo sull'emarginazione della Camera Urbis in favore della Camera Apostolica e di Orietta Verdi sul controllo dello spazio edificabile e l'evoluzione conosciuta dall'ufficio dei magistri edificiorum tra XV e XVI secolo, definita "un significativo esempio del processo di erosione, tenacemente perseguito dall'autorità pontificia, di quanto era rimasto ancora intatto dell'autonomia delle istituzioni comunali" (363). Questi contributi, fondati su materiali d'archivio al pari e del breve saggio di Anna Esposito sulle autorizzazioni al porto d'armi all'interno di Roma, affrontano questioni molto concrete ma investite, allo stesso tempo, di un profondo significato simbolico: intorno a esse, infatti, si intrecciavano da un lato le ambizioni di autopromozione e di razionalizzazione urbanistica dei pontefici e, dall'altro lato, la caparbia difesa dell'onore, della visibilità cittadina e delle proprie tradizionali prerogative da parte della vecchia e nuova nobiltà romana.


Nota:

[1] Paolo Prodi: Il sovrano pontefice. Un corpo e due anime: la monarchia papale nella prima età moderna, Bologna 1982, 8.

Michele Camaioni