L'uscita di un volume di studi dedicati a Simonide accende ogni volta nella comunità scientifica la speranza di trovare una trattazione sistematica su un poeta la cui opera ancora oggi è priva di un lavoro unitario, che ne sappia proporre una linea interpretativa complessiva; una raccolta di saggi certamente non ambisce a raggiungere questo obiettivo ed anzi riproduce nella varietà di approcci e temi il dibattito tra gli studiosi e le linee di ricerca che trattano questo importante testimone della civiltà poetica tardo-arcaica. I dieci scritti pubblicati nel libro si raccolgono intorno a tre temi principali: il testo di Simonide, la sua interpretazione e la tradizione aneddotica.
Se il testo dei componimenti lirici di Simonide si deve principalmente ad una tradizione indiretta che presenta tutte le irregolarità sue proprie, la tradizione diretta rappresentata da frammenti papiracei in alcuni fortunati casi gode dell'incrocio con testimonianze indirette che mettono al riparo dalla discussione tra studiosi l'identificazione della paternità del testo. Per tale motivo anche Simonide è di quegli autori cui periodicamente si verifica la possibilità di assegnare i lacerti lirici rimasti senza autore, aprendo pertanto le porte al lavorio della ricerca nel tentativo di riconoscere genere ed occasione che rendano plausibile l'assegnazione. Lo stesso arduo tema dell'individuazione del genere lirico di appartenenza si riscontra anche per quei frammenti di maggiore estensione che la tradizione indiretta ha custodito, ogni volta senza supplire informazioni utili, trattandosi di un dato non significativo per le ragioni prime della trasmissione. Le pagine offerte su questo tema dai saggi di Ucciardello e D'Alessio non intendono presentare al lettore nuove acquisizioni o attribuzioni a Simonide, ma offrono in linea generale, attraverso accortissime argomentazioni, un colpo d'occhio sul lavoro che si deve ancora fare e di cui bisogna tener conto nella trattazione di adespota lirici, siano essi di tradizione diretta o indiretta.
Nella seconda parte il volume raccoglie studi dedicati nello specifico a componimenti simonidei, sia per ri-definirne temi ed occasione, come nel caso dei frammenti delle Kateuchai studiati da Rutherford, sia per coglierne peculiarità legate alla modalità simonidea, come si legge nelle pagine che Carey ha dedicato al genere trenetico; altro è lo scopo di Sider che vuol cogliere varietà e consonanze delle modalità poetiche di Simonide, come lirico, elegiaco ed epigrammatista. Lo studio specifico di tre componimenti (il frammento per le Termopili [531 Page, 261 Poltera], il carme per la battaglia di Salamina [536 Page, 252 Poltera] e l'elegia per i caduti a Platea [3 Gent.-Pr., 10-17 West²/Sider]) offre l'occasione a Morgan di riflettere su come Simonide abbia trattato lo scottante tema del rapporto tra l'individualità del leader militare e le sue armate e, su più ampia scala, il rapporto tra singola polis e grecità nei componimenti che celebrano a diverso titolo le guerre persiane. Queste osservazioni sono fortemente radicate in una riflessione teorica sul concetto di panellenismo e muovono dall'accostamento tra questo tipo di poesia e le strategie a noi meglio note dell'epinicio «how do you write a victory ode for Greece, when 'Greece' is a collective entity made up of rivalrous poleis, each of which is filled with leaders who want to be the best and achieve supremacy? »; questo esercizio di analisi su quel che resta di simonideo rivelerebbe una particolare cautela del poeta nel contenere eccessi di personalismi, almeno nei carmi presi in esame. Viene da chiedersi però quanto pesi la committenza in questi casi, ricordando che il distico poi cancellato dagli Spartani fu voluto da Pausania di sua iniziativa, come dice Tucidide (1, 132, 2 autos idiai); quindi sono attestati sia degli atteggiamenti individualisti, chiunque sia l'autore effettivo di Sim. ep. XVIIa Page, che formulazioni più attente al contributo collettivo. Lo stesso si può dire anche di epigrammi che le singole comunità hanno dedicato al termine delle guerre, con la particolare formulazione del proprio contributo alla causa panellenica, uno tra tutti l'incipit di ep. XVI Page "Per la Grecia e per i Megaresi" e la dicitura "per la Grecia e per i concittadini" nel donario delle donne di Corinto nell'ep. XIV Page.
Simonide è una di quelle figure di poeta del quale si è presto impossessata la tradizione aneddotica; questo fatto pone il necessario quesito se e in che misura vi siano relazioni tra i carmi effettivamente composti da Simonide e giunti a noi attraverso una severa selezione da un lato e le testimonianze ed i racconti sui suoi detti e sulle caratteristiche del suo essere saggio e poeta venale. Nel volume si distingue il saggio di Lucia Athanassaki dedicato alla memoria dell'eccellenza agonistica del poeta nelle competizioni ditirambiche ateniesi. Lo studio prende le mosse da due epigrammi, presenti tra gli epigrammi simonidei coi numeri XXVII e XXVIII Page, il primo di tradizione antologica dove si trova anonimo nella Planudea e attribuito a Simonide nella Palatina (esso è tràdito anche da Tzetzes, anonimo), il secondo di tradizione indiretta (Siriano, Tzetzes, Plutarco) mai assegnato a Simonide. I due testi, che figurano opportunamente tra le testimonianze nell'edizione di Poltera (rispettivamente TT 64 e 45c), sono presentati come testi simonidei genuini nella recente edizione di Sider (rispettivamente 52 e el. 89). Per come si presentano, si tratta di un epigramma votivo di un pinax dopo la cinquantaseiesima vittoria ditirambica (XXVII) e di una registrazione di una singola vittoria ditirambica occorsa quando Simonide aveva ottant'anni (XXVIII), due tipologie testuali estremamente differenti, fatto per il quale rimane oscura l'indagine se XXVIII (ritenuto un testo fittizio tardo) avesse o meno XXVII come sua fonte. A partire da questi due testi, considerati come il prodotto di una certa tradizione aneddotica, già produttiva in Aristofane (TT 24 e 65 Poltera), la studiosa prende in esame il personaggio-Simonide dell'Ierone di Senofonte, il saggio in dialogo con il tiranno, che presenta la competizione lirica come un modello di governo. Più avanti ci si chiede se Senofonte non avesse tratto spunto dal Simonide oggetto di accesa discussione nel Protagora di Platone tra il sofista e Socrate, quando si parla di prestazioni culturali a pagamento (quelle del sofista come quelle del poeta lirico). Il filone di tradizione aneddotica su Simonide poeta sophos e le sue numerose vittorie ditirambiche, che congiunge idealmente e a distanza di molti secoli Senofonte e Siriano, benché meno noto di quello che si incentra sul rapporto tra poeta e denaro, attesta una persistenza significativa, ancorché più povera di attestazioni.
I numerosi spunti presenti negli studi presentati in questo volume da un lato raccolgono la varietà di approcci che si possono tenere nei confronti dell' "altro" poeta lirico corale, per parafrasare il sottotitolo del libro, e sollecitano ulteriori riflessioni, ma purtroppo non estinguono la sete di una trattazione complessiva, coerente e libera dal molto congetturare (su testo e contesto) su quanto una multiforme e disaggregata tradizione ha salvato di Simonide.
Peter Agócs / Lucia Prauscello (eds.): Simonides Lyricus. Essays on the 'other' classical choral lyric poet (= Cambridge Classical Journal Supplements; 42), Cambridge: Cambridge Philological Society 2020, 290 S., 2 s/w-Abb., ISBN 978-0-9568381-7-9, GBP 60,00
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