Riuso e memoria rappresentano due temi molto attuali nella ricerca degli ultimi anni, che sono stati elaborati in discipline diverse, per periodi e luoghi diversi e che riscuotono sempre particolare interesse. Il volume di Sarah Rous, che analizza questi fenomeni in relazione alla città di Atene, si inserisce così in un filone di ricerca ricco e in continua evoluzione offrendo nuovi spunti e una diversa prospettiva per studi futuri.
Il libro è suddiviso in quattro capitoli: i primi tre presentano i casi studio scelti dall'Autrice per sviluppare la sua argomentazione, mentre il quarto traccia una panoramica della formazione e dell'uso della memoria sociale ad Atene dall'età tardo-arcaica al periodo tardo-antico (176-212). A questi si aggiungono un'introduzione molto articolata (3-30) e un breve epilogo (213-218), oltre alle consuete liste delle immagini (viii-xi), delle abbreviazioni (xv-xviii) e della bibliografia (293-349) e ad un indice di nomi, luoghi e termini ricorrenti (351-366).
L'introduzione (3-30) spiega in modo esaustivo le finalità della ricerca e la metodologia utilizzata, partendo proprio dalla scelta di avvalersi del termine "upcycling" per definire il tipo di riuso oggetto dello studio. Nel fare questo l'Autrice traccia anche una utilissima storia della terminologia comunemente applicata a lavori che si occupano di questo argomento (6-14), mettendo in evidenza come termini quali "recycling" e "spolia" presentino delle connotazioni specifiche, legate ad un periodo storico o ad un unico tipo di materiale, e non abbiano quindi la necessaria flessibilità che invece si riscontra nel termine "upcycling". Questa trattazione così approfondita è estremamente importante dal momento che le principali definizioni di "upcycling" [1] non corrispondono esattamente a ciò che l'Autrice intende esprimere con questo termine e cioè un riuso intenzionale e ricco di significato, caratterizzato dalla volontà di mantenere visibile un qualche aspetto della funzione precedente del materiale riusato (6-7).
L'Autrice introduce poi brevemente il secondo concetto che sta alla base del volume e cioè quello di memoria (14-17) e sceglie di utilizzare quello di memoria sociale secondo la definizione classica di Fentress e Wickham [2] per mostrare "how the practice of upcycling shaped social memory in the physical realm, impacting how and what Athenians remembered and forgot across nearly a millennium and across their whole city" (28).
Infine, la lunga introduzione si conclude con sei racconti di "upcycling" che permettono all'Autrice di mostrare come lo studio di questo fenomeno possa essere applicato con successo in tempi, culture e ambiti differenti (17-26).
I capitoli successivi discutono i casi studio presentati nel volume, che riguardano tutti manufatti in marmo, materiale scelto per la sua conservazione relativamente buona attraverso i secoli e per lo status che aveva nell'antichità (29). I casi studio sono suddivisi in base all'effetto che il riuso ha sulla memoria sociale degli ateniesi e la loro discussione prevede una veloce panoramica dello stato della ricerca e dei problemi relativi ai singoli monumenti. Il primo gruppo raccoglie quelle situazioni "Creating Social Memory through Reuse That Accentuates" (cap. 1) e comprende alcuni esempi riguardanti il riuso di oggetti in marmo nella costruzione di mura e nello spostamento del Tempio di Ares nell'Agora. Il capitolo si apre con un primo esempio in negativo: il riuso di stele funerarie per la realizzazione delle mura temistoclee, giustamente interpretato come un mero atto di utilità. Attraverso questo esempio, contrapposto invece al riuso di elementi marmorei nella costruzione del muro settentrionale dell'Acropoli e del muro post-erulo, l'Autrice dimostra in modo convincente, come l'utilizzo di elementi architettonici di edifici danneggiati durante un evento traumatico per la città e i suoi abitanti contribuisca alla formazione della memoria sociale.
Il secondo gruppo di casi studio "Perpetuating Social Memory through Reuse That Preserves" (cap. 2) comprende alcuni esempi provenienti dall'Acropoli di Atene. In questi casi, la conservazione di manufatti o edifici più antichi inglobati nelle nuove costruzioni e il mantenimento di una loro parziale visibilità, rappresentano una scelta consapevole atta a preservare la preesistente conoscenza che la collettività aveva di questi.
Il capitolo tre "Altering Social Memory through Reuse Meant to Be Invisible" (126-175) è quello che, a mio avviso, risulta più problematico e con l'argomentazione più debole. Nell'introduzione, infatti, l'Autrice pone l'accento in modo particolare sulla visibilità delle tracce che lei stessa definisce un elemento fondamentale del concetto di riuso qui applicato (6-7). Un riuso che è inteso per essere invisibile, quindi, è difficilmente conciliabile con l'importanza data alla visibilità della funzione precedente del monumento riutilizzato. Nonostante io concordi con l'Autrice sul fatto che proprio l'invisibilità di questo tipo di riuso voglia andare a modificare una memoria sociale preesistente, trovo problematico conciliare questo concetto con la "visibility of the trace". Inoltre, l'esempio del Monumento degli Eroi Eponimi rappresenta, a mio avviso, una forzatura del concetto di riuso. L'aggiunta di nuove statue e/o la rimozione di altre, effettuate sulla base delle modifiche delle tribù, non è da ritenere un riuso del monumento, ma piuttosto una modifica o un aggiornamento dello stesso. Altrimenti, ogni restauro o modifica di un qualunque monumento sarebbe da ritenere un atto di riuso. Che l'effetto prodotto sia l'alterazione della memoria sociale degli Ateniesi è indiscutibile, ma la causa che lo scatena non è il riuso. Questo esempio sarebbe sicuramente risultato più calzante se inserito nell'ultimo capitolo del volume (176-212). Qui, infatti, il focus è spostato sulla creazione e lo sviluppo della memoria sociale degli Ateniesi. L'Autrice dimostra in modo chiaro e convincente come le Guerre Persiane rappresentino un leitmotiv che viene ripreso attraverso i secoli e che sta alla base della strategia adottata da Atene per creare una precisa memoria sociale e una specifica visione del proprio passato.
Il volume di Sarah Rous, quindi, rappresenta nel complesso uno studio interessante, che unisce in modo efficace l'analisi di due argomenti particolarmente attuali e offre una nuova e diversa interpretazione del loro rapporto. Nonostante l'analisi prenda in considerazione casi studio già noti, questi vengono riletti in una chiave nuova, mostrando come questo approccio possa risultare fruttuoso non solo per Atene in età antica, ma per numerosi altri periodi e contesti.
Note:
[1] La definizione di "upcycling" del Cambridge Dictionary ad es. è piuttosto generica: "the activity of making new furniture, objects, etc. out of old or used things or waste material", mentre altri dizionari pongono l'accento sul maggior valore creato rispetto all'originale, ad es. Oxford Dictionary: "to treat an item that has already been used in such a way that you make something of greater quality or value than the original item".
[2] James Fentress / Chris Wickham: Social Memory, Oxford 1992, 25: "an expression of collective experience, identify a group, giving it a sense of its past and defining its aspirations for the future".
Sarah A. Rous: Reset in Stone. Memory and Reuse in Ancient Athens, Madison, WI: University of Wisconsin Press 2019, XVIII + 366 S., 72 s/w-Abb., ISBN 978-0-299-32280-9, USD 99,95
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