sehepunkte 24 (2024), Nr. 5

Outi Merisalo / Nataša Golob / Leonardo Magionami (eds.): Late Medieval and Early Modern Libraries

Il volume riunisce diciannove contributi dedicati a biblioteche tardo medioevali e della prima età moderna distribuiti in tre diverse sezioni: regali, istituzionali e private.

Il saggio di Marie-Hélène Tesnière è dedicato alla biblioteca dei re di Francia, Carlo V († 1380) e Carlo VI († 1422). Riunita nella torre della Fauconnerie al Louvre, alla morte di Carlo V la collezione era ricca di oltre 900 manoscritti. Dispersa nei patrimoni di famiglie nobili e regnanti, è da tempo oggetto di un interessante recupero.

Iolanda Ventura ha indagato la collezione di Amplonius Rating de Bercka (1363/65-1465) che nell'inventario del 1412 tradito nel ms Erfurt, UB, CA 2° 404 risultava formata da ben 633 codici. Passata al Collegium Portae Caeli, lo studio ne ripercorre la trasformazione da progetto privato a istituzione.

Nataša Golob ha analizzato due documenti (del 1478 e del 1484) che recano notizia dei cinquantasei libri donati dal vescovo Sigismund di Lamberg (c. 1420-1488) al capitolo di Lubiana e ne offre una lista 'semplificata' dei titoli. [1] Descrive inoltre il Breviarium Aquileiense, un incunabolo pergamenaceo miniato (Venetiis, Franciscus Renner de Heilbronn, 1481) acquistato nel 2015 dall'antiquario inglese Bernard Quaritch per l'arcidiocesi di Lubiana.

La sezione delle biblioteche 'private' comprende i contributi di Stefania Fortuna sulle biblioteche di medicina, di Donatella Nebbiai sui libri di Matthieu di Herleville († 1433) e sul Caronte di Luciano nella collezione di Jacques Houchin († 1480), di Concetta Bianca sulle biblioteche fiorentine da Salutati a Poliziano, di Outi Merisalo e Marianne Pade su alcuni manoscritti provenienti dalla biblioteca di Giovanni Pico della Mirandola o recanti note di sua mano, di Taneli Puputti sul ruolo di papa Paolo II e della sua biblioteca nella diffusione delle Decadi di Flavio Biondo, di Patricia J. Osmond sulla biblioteca di Pomponio Leto, di Lorenzo Amato su Bartolomeo del Bene e il Libro dell'Anno (Vat. lat. 8857) e di Patrizia Carmassi sulla biblioteca di Marquard Gude.

Taluni saggi sono corredati di riproduzioni che possono essere particolarmente utili nel caso di collezioni appartenute a letterati. Il ms. Firenze, BNC, Conv. soppr., E. I. 2562 reca l'ex-libris della Badia fiorentina e numerose postille e segni di memoria di Giovanni Pico della Mirandola. Sorprende, tuttavia, la scelta di riprodurre fol. 136v (fig. 4 a p. 241) privo di tracce della mano di Pico. Annet den Haan ricorda che a papa Niccolò V furono indirizzate ben ventisei traduzioni dal greco (del Valla, di Teodoro Gaza, Gregorio Tifernate e Giorgio Trebisonda). Lo studio offre un'ampia analisi dei prologhi: una tabella riassuntiva con l'elenco delle traduzioni sarebbe risultata senz'altro utile.

Degno di nota, per diversi aspetti, il caso presentato da Francesca Niutti. Nel 1912 papa Pio X ha donato alla Biblioteca Vaticana 403 manoscritti di cui 297 latini (i Vat. lat. 11414-11709) provenienti dal Collegio Romano dei gesuiti. José Ruysschaert ne ha pubblicato il catalogo nel 1959. Altri 52 manoscritti latini, rimasti nascosti nel Collegio, sono stati donati alla Biblioteca Vaticana nel 1983 (Vat. lat. 15067-15118). L'importanza di questa raccolta è nota. Oltre alla collezione dei materiali ciceroniani raccolti da Girolamo Lagomarsini (1698-1773), sono presenti codici e libri a stampa provenienti dal lascito dell'umanista Marc Antoine Muret (1526-1585) e numerosi testi classici e opere di umanisti tra i quali Giovanni Manzini (Vat. lat. 11507, autografo), Coluccio Salutati, Poggio Bracciolini, Francesco Filelfo, Leonardo Bruni, Giovanni Andrea Bussi. Sono inoltre appartenuti a Pierleone da Spoleto († 1492) i Vat. lat. 11433, 11496, 11504, 11520, 11575, 11576, 11581, 11585, 11600, 11610 e 11612 la cui mano è stata identificata da Ruysschaert nelle note marginali dopo la pubblicazione del catalogo.

Niutti ha ripercorso il contrastato processo che ha portato alla dispersione dei codici gesuitici provenienti dal Collegio Romano e ha prodotto nuova documentazione. [2] Per quanto riguarda l'archivio della Curia Generalizia (già Casa Professa), la studiosa ricorda che "si salvò dal sequestro perché venne portato nelle cantine di Palazzo Torlonia a via Condotti". Da qui, dopo altri passaggi, compresa una 'emigrazione' nei Paesi Bassi, è giunto nell'Archivio della Pontificia Università Gregoriana. Per impedire la requisizione della biblioteca gesuitica da parte dello Stato italiano, il preposito generale della Compagnia di Gesù Pierre Jean Becks (1795-1887) sostenne che era costituita da lasciti e donazioni "e rappresentava quindi una proprietà privata". L'affermazione non corrispondeva al vero, ma il fine ultimo era quello di preservare il patrimonio.

Nel volume, accolto nella prestigiosa serie Bibliologia, è assente una riflessione sia sul sottotitolo, sia sulla scelta delle biblioteche indagate. Taluni saggi anticipano ricerche più ampie o riassumono studi già pubblicati o in procinto di esserlo, altri offrono rapide sintesi su biblioteche o collezioni già note. Altri, infine, presentano documentazione di grande interesse. Dal punto di vista diacronico, e come provano molti degli studi presentati, il mondo delle biblioteche non è statico come la classificazione proposta lascerebbe intendere, bensì fluito, oggetto di mutazioni nel corso del tempo. Le variazioni di stato e i momenti di transizione possono incidere profondamente sulla storia di una collezione privata, così come di una biblioteca. Ad esse, di fatto, sono legate la preservazione o la più o meno rapida dissoluzione. Il confine tra biblioteca 'istituzionale' e biblioteca privata vacilla non solo alla fine del Quattrocento, ma ben prima, come dimostra il caso della collezione di Carlo V, di fatto considerata bene privato, 'personale', e quindi alienabile. Molte biblioteche sono nate dalla volontà di privati e per impedirne la dispersione furono destinate a enti pubblici o istituzionali (come nei casi presi in esame da Golob, Ventura e Bianca); in altri, come ha dimostrato Jakub Kujawiński, sono gli stessi autori che designano o indicano, nelle lettere prefatorie, nei prologhi, un luogo fisico (biblioteca, archivio) autorizzato alla conservazione degli esemplari della propria opera e al contempo accessibile ai potenziali lettori.

Nonostante l'assenza di una riflessione sulle scelte che ne hanno guidato la composizione, il volume fornisce un panorama convincente degli studi condotti negli ultimi anni su alcune delle principali biblioteche europee.


Note:

[1] Una descrizione completa è offerta nel saggio pubblicato dalla stessa Golob in: Zgodovinski časopis 76, 1-2 (2022), 34-82.

[2] Sull'argomento, con amplissima documentazione, si veda anche Francesca Potenza: Un acquisto da farsi prudenter et sine strepitu: l'arrivo in Vaticana di manoscritti e stampati del Collegio Romano all'inizio del XX secolo, in: Νέα ῾Ρώμη. Rivista di ricerche bizantinistiche, 19 (2022), 317-368.

Rezension über:

Outi Merisalo / Nataša Golob / Leonardo Magionami (eds.): Late Medieval and Early Modern Libraries. Knowledge Repositories, Guardians of Tradition and Catalysts of Change (= Bibliologia. Elementa ad Librorum Studia Pertinentia; Vol. 68), Turnhout: Brepols 2023, 341 S., 35 Farb-, 8 s/w-Abb., ISBN 978-2-503-60597-5, EUR 110,00

Rezension von:
Giovanna Murano
Firenze
Empfohlene Zitierweise:
Giovanna Murano: Rezension von: Outi Merisalo / Nataša Golob / Leonardo Magionami (eds.): Late Medieval and Early Modern Libraries. Knowledge Repositories, Guardians of Tradition and Catalysts of Change, Turnhout: Brepols 2023, in: sehepunkte 24 (2024), Nr. 5 [15.05.2024], URL: https://www.sehepunkte.de/2024/05/38860.html


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