Camilla Campedelli: L'amministrazione municipale delle strade romane in Italia (= Antiquitas. Reihe 1: Abhandlungen zur Alten Geschichte; Bd. 62), Bonn: Verlag Dr. Rudolf Habelt 2014, XII + 345 S., ISBN 978-3-7749-3858-8, EUR 75,00
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Quale era il ruolo delle amministrazioni locali nella gestione del sistema stradale nell'Italia romana? A questo l'interrogativo, che ad oggi non aveva ricevuto grande attenzione [1], intende dare risposta Camilla Campedelli in una monografia che è la rielaborazione della tesi di dottorato condotta sotto la direzione di Anne Kolb e Werner Eck e discussa nel 2012 presso l'Università di Zurigo.
Il volume si apre con una Premessa (1-4) che definisce l'oggetto della ricerca. Dal punto di vista geografico, ci si concentra sull'Italia, dove si elabora il modello di gestione della rete stradale poi applicato anche alle città delle province; l'Italia è inoltre l'area in cui si concentra la maggior parte delle testimonianze. Da un punto di vista cronologico, lo studio spazia per tutta l'età antica, anche se la documentazione presa in esame si concentra fra II sec. a.C. e II sec. d.C. Sotto il profilo tematico, lo studio esamina gli interventi delle comunità municipali e degli evergeti locali nella costruzione e nella manutenzione delle opere stradali, sia sulle cosiddette Reichsstraßen, la cui cura era primariamente affidata al potere centrale, sia sulla viabilità locale, le viae municipales, secondo una terminologia che l'autrice riprende da T. Mommsen e G. Brusin.
Il corpo dell'opera si divide in due parti. La prima si apre col capitolo Tipologia di strade (5-17) che si sofferma sulla distinzione tra Reichsstraßen e viae municipales, sulla base delle testimonianze dei Gromatici e della letteratura giuridica. Si prende poi in esame il lessico delle diverse tipologie di strade nella documentazione epigrafica, nel quale raramente troviamo riscontro delle sfumature giuridiche e dei tecnicismi dei Gromatici; le consonanze sono piuttosto con la terminologia letteraria, allo scopo di offrire una definizione immediatamente pregnante per il lettore, che era membro della comunità locale. Il capitolo comprende anche un utile esame del senso dei termini angiportus, clivus, platea, semita, strata, via, vicus, xystus.
Il capitolo 2, Disposizioni di legge relative alla gestione municipale del sistema stradale (19-44), analizza le disposizioni relative alla città di Roma, modello delle norme applicate nelle comunità dell'Italia, partendo dall'interpretazione di Lex XII Tabularum, VII, 7 sulla necessità che le strade fossero munitae, ovvero segnalate con il posizionamento di pietre per renderne distinguibile il tracciato (o forse meglio, per riservarne l'uso alle persone e impedire l'accesso agli animali). Si esamina poi il dato delle leggi muncipali Tarentina, Ursonensis, Irnitana, mettendo in luce come la costruzione e il mantenimento delle strade fosse un munus imposto al corpo civico allargato. Si analizzano inolte le disposizioni della Tabula di Heraclea relative a costruzione e riparazione, manutenzione, pulizia delle strade di Roma, evidenziando il ruolo eminente degli edili, le responsabilità dei frontisti nella manutenzione, il ruolo dei IIIIviri viarum curandarum nella pulizia delle strade e le regolamentazioni riguardanti il traffico. Successivamente la Campedelli discute le disposizioni del Monobiblos di Papiniano relative alla manutenzione delle strade e ricostruisce le diverse fasi della realizzazione delle viae municipales. Nelle conclusioni al capitolo si evidenzia il crescente precisarsi delle disposizioni normative.
Nel capitolo 3, Le competenze dei magistrati municipali (45-69), si individua nell'ordo decurionum l'organo cui spettava la decisione di costruire una strada e di disporre lavori di manutenzione; la funzione esecutiva spettava di regola piuttosto ai supremi magistrati, IIviri o IIIIviri iure dicundo e quinquennales, in particolare per quanto concerne la locatio e la probatio; da rilevare anche il ruolo degli edili, in particolare su pavimentazione, restauro, manutenzione e pulizia delle strade. Di interesse le notazioni riguardo le competenze dei magistri pagi sulle viae vicinales, come anche la nomina, che pare essere straordinaria, di curatores viarum municipali. L'autrice esamina qui anche il ruolo di altre magistrature di carattere locale, chiudendo la sezione con un'appendice sul coinvolgimento delle autorità centrali nella materia di competenza dei municipi.
Il capitolo 4, Il finanziamento delle costruzioni stradali (71-99), parte dalla considerazione del finanziamento pubblico, la cui origine può restare non specificata, ma più frequentemente è esplicitamente connesso al versamento della summa honoraria; da rilevare il caso di CIL XI, 5693-5694 = ILS 2666-2666a, che attesta la creazione di una tassa di pedaggio per una strada di Tuficum, in Umbria. La Campedelli sottolinea a ragione il rilievo dei munera nella costruzione e manutenzione delle strade, accanto alle forme di evergetismo da parte di senatori, cavalieri, decurioni e Augustales [2]; minore appare il peso dell'evergetismo femminile e dei collegia. Il capitolo si chiude con qualche considerazione sulle forme del finanziamento misto, pubblico e privato.
Le Conclusioni generali (101-102) ricapitolano sinteticamente le risultanze principali dell'indagine: la municipalizzazione dopo la Guerra Sociale fu il momento cruciale nello sviluppo del modello organizzativo di gestione delle viae municipales, che, esemplificato sul sistema della città di Roma, rimase sostanzialmente inalterato fino al Tardoantico. In questo ambito le comunità municipali mostrano una notevole indipendenza: il potere centrale interviene solo dietro richiesta delle autorità locali. Il sistema era autosufficiente, basato sul binomio honores (l'intervento in sede decisionale dell'ordo decurionum, in sede esecutiva dei magistrati) e munera. La partecipazione dei privati al finanziamento non deve essere sopravvalutata: ovvi motivi di orgoglio da parte degli evergeti portano a una sovrarappresentazione di questo tipo di azioni rispetto ai più ordinari interventi pubblici. Il rarefarsi delle testimonianze a partire dalla fine del II sec. d.C. non significa che i lavori alle infrastrutture stradali siano cessati, ma che le classi dirigenti locali persero interesse ad autorappresentarsi attraverso la cura delle opere pubbliche; inoltre in questo periodo il sistema viario dell'Italia era ormai in opera e gli interventi richiesti dovevano essere minori.
La seconda parte del volume è un Catalogo delle iscrizioni (103-285) che raccoglie e analizza 165 epigrafi concernenti gli interventi di magistrati e comunità locali, ma anche di evergeti privati, nella costruzione e nella manutenzione delle strade e delle infrastrutture connesse. Apre una sezione di Esclusioni (105-110) che raccoglie documenti che, pur in passato richiamati a proposito del tema, la Campedelli non giudica pertinenti, perché non riguardanti opere di carattere viario, perché non concernenti interventi delle comunità locali, perché esulano dal contesto cronologico della ricerca, infine perché estremamente lacunosi e di incerta interpretazione.
Il catalogo è ordinato per regiones augustee e per località di provenienza. Ciascuna scheda, dopo l'edizione di riferimento, riporta il testo (corredato da una traduzione italiana, un'utile e rilevante novità), considerazioni sulla tipologia del monumento e dell'epigrafe, un commento (incentrato soprattutto sulle questioni inerenti la gestione delle infrastrutture viarie e sui problemi di localizzazione topografica dell'opera), la datazione e la bibliografia specifica.
Il volume si chiude con una ricca Bibliografia (286-327), un Indice delle fonti, sia letterarie che epigrafiche (329-339), un Indice dei luoghi (340-342) e un Indice delle cose notevoli (343-345).
Dalla lettura emergono alcuni rilievi, che tuttavia a mio parere non intaccano la sostanza del discorso. Oltre a quanto rilevato da altri recensori [3], in parte condivisibile, segnalo: nella rassegna del lessico della viabilità (8-17) l'opportunità di discutere anche il termine crepido, che può alludere anche ai "marciapiedi", dunque a un complemento alla rete viaria (in effetti il termine ritorna più volte nelle epigrafi incluse nel catalogo della Campedelli) e altri termini che in qualche possono designare forme di viabilità come gradus e scalae. Per la lex Irnitana (24-27) utile anche la traduzione italiana di F. Lamberti, "Tabulae Irnitanae". Municipalità e "ius Romanorum", Napoli 1993. Il riferimento alla via da Salerno a Reggio come via Popilia tout court (che ritorna per esempio a 66, 84, 96 200) potrebbe oscurare il dibattito sulla denominazione di questa strada, talvolta piuttosto identificata con una via Annia [4]. Forse non inutile discutere, almeno nella sezione dedicata alle esclusioni (105-110), l'iscrizione AE 1990, 304 da Cluana, nel Piceno [5], che attesta tra l'altro la costruzione di una crepido circum cumpi(tum), un crocicchio nel quale doveva sorgere un sacello che era stato dotato di un tetto, a spese private di una notabile locale. L'iscrizione n°95 (218-219) da Aesis viene inserita nel Picenum, mentre la città faceva parte della regio VI Umbria. Dal commento all'iscrizione n°103 (227) parrebbe di comprendere che uno dei IIIIviri iure dicundo appartenesse alla gens Olia; in realtà i due magistrati ricordati appartenevano alle gentes Caetronia e Attia, T. Olius C.f. Gargenna viene nominato in una lista di personaggi seguente, di Vviri secondo l'interpretazione di Giovanni Forni (come correttamente riportato a 63-64).
In conclusione, credo si debba salutare molto positivamente il lavoro di Camilla Campedelli, un'indagine ben documentata e scritta con stile rigoroso e allo stesso tempo chiaro, che viene a colmare una lacuna vistosa. La monografia si segnala per gli spunti di approfondimento che offre, sia in riferimento al quadro normativo generale, sia in riferimento ai singoli documenti, che l'autrice ha riunito in una raccolta che sarà di imprescindibile consultazione. Allo stesso tempo l'opera si propone come efficace modello per indagini sul tema degli interventi municipali nelle gestione della viabilità in altri ambiti geografici, segnatamente provinciali, come anche per ricerche su problemi affini: chi scrive si propone per esempio di riprendere il dossier relativo ai curatores operum publicorum municipali e non potrà che trarre validissimo aiuto dall'indagine di Camilla Campedelli.
Note:
[1] Oltre ai lavori ricordati a 1-2, da segnalare l'importanza di M. Cébeillac-Gervasoni: Autocélébration des élites locales: quelques réflexions autour de la viabilité, "Autocélébration des élites locales dans le monde romain. Contextes, images, textes (IIe s. av. J.-C. - IIIe s. ap. J.-C.)", a cura di M. Cébeillac-Gervasoni / L. Lamoine / F. Trément, Clermont-Ferrand 2004, 157-169.
[2] Per gli interventi di questi ultimi si veda, dopo la pubblicazione del volume che si recensisce, anche M.L. Laird: Civic Monuments and the Augustales in Roman Italy, Cambridge 2015, particolarmente alle 235 ss.
[3] P. Buongiorno: "Quaderni Lupiensi di Storia e Diritto" (2015), al momento consultabile all'URL http://www.quadernilupiensi.com/libri-pervenuti/; N. Laubry: "Bryn Mawr Classical Review", 2015.04.48, consultabile all'URL http://bmcr.brynmawr.edu/2015/2015-04-48.html.
[4] Ampia bibliografia sul problema, tra gli altri, in A. Taliano Grasso: Viabilità ed uso del territorio tra il fiume Savuto ed il fiume Amato in età romana, "Tra l'Amato e il Savuto, II, Studi sul Lametino antico e tardo-antico", a cura di G. De Sensi Sestito, Soveria Mannelli 1999, 277-278, nota 19.
[5] Commentata da F. Cancrini / C. Delplace / S.M. Marengo: L'evergetismo nella regio V (Picenum), Tivoli 2001, 154-156 e A. Cristofori, Non arma virumque. Le occupazioni nell'epigrafia del Piceno, Bologna 20042, 251-254.
Alessandro Cristofori