Bruno Bleckmann: Fiktion als Geschichte. Neue Studien zum Autor der Hellenika Oxyrhynchia und zur Historiographie des vierten vorchristlichen Jahrhunderts (= Abhandlungen der Akademie der Wissenschaften zu Göttingen. Philologisch-Historische Klasse. Dritte Folge; Bd. 277), Göttingen: Vandenhoeck & Ruprecht 2006, 154 S., 6 Abb., ISBN 978-3-525-82549-5, EUR 68,90
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Lo studio si propone di dimostrare che la versione dei fatti delle Elleniche di Ossirinco relativamente alla guerra di Corinto deriva da una trasformazione delle notizie fornite da Senofonte nelle sue Elleniche (7). Questa tesi non è nuova: l'aveva già sostenuta, senza trovare seguito, G. Busolt: Der neue Historiker und Xenophon , in: Hermes 43, 1908, 255-285, e Zur Glaubwürdigkeit Theopomps, in: Hermes 45, 1910, 220-249 (15). Bleckmann l'aveva ripresa nella sua monografia sulla guerra deceleica: Athens Weg in die Niederlage. Die letzen Jahre des Peloponnesischen Kriegs, Stuttgart 1998. Il pregio di questo lavoro è l'impegno nel mettere in discussione una communis opinio sottoponendo ad analisi puntuale le versioni fornite dai due storici (e dalla Biblioteca di Diodoro, che deriverebbe, attraverso Eforo, dalle Elleniche di Ossirinco). La storiografia del IV secolo ha certamente ancora bisogno di approfondimento sia sotto il profilo della storia del genere storiografico (rapporti con i modelli e in primis con Tucidide, problematica definizione di correnti e tendenze) sia per quel che riguarda la personalità dei singoli storici. La frammentarietà della conservazione, che ha risparmiato il solo Senofonte, non è stata certamente di aiuto, ma in questi ultimi anni, soprattutto per merito di Guido Schepens e di Christopher Tuplin, sono stati fatti molti progressi.
Il primo capitolo è dedicato alle rivalità tra autori e alle varianti arbitrarie nella storiografia del IV secolo. L'autore prescinde dal dibattito sulla storiografia come genere letterario con sue proprie convenzioni e muove dal presupposto che esista un livello dei fatti storici a cui si rapportano i vari storiografi. Quello che non si può condividere è che uno storico che non dipende da alcun altro storico venga trattato come una Primärquelle (16): come ha mostrato Moses Finley, nessuno storico, anche il più attendibile, è una fonte primaria, al pari delle epigrafi o dei papiri documentari. Per dimostrare che la tecnica dell'alterazione arbitraria di uno storico precedente era praticata all'inizio del IV secolo l'autore adduce l'esempio di Ctesia, che, per le guerre persiane, avrebbe usato Erodoto introducendo errori con il solo scopo di variare il racconto erodoteo (21-29). Per dare l'impressione di un racconto indipendente da quello erodoteo Ctesia userebbe quattro strumenti: 1. l'ampliamento di notizie attraverso l'ekphrasis; 2. la modifica dei nomi propri; 3. la trasposizione; 4. la contraddizione più o meno marcata. Purtroppo la conservazione frammentaria non consente una verifica completa e resta l'incertezza sulle fonti di informazione e soprattutto sulle finalità e sul modo di operare di Ctesia. I paragrafi successivi (29-35), dedicati a Teopompo, entrano nel cuore del problema: nel primo si dà integrale credito alla testimonianza di Porfirio in Eusebio a proposito dei furti letterari di Teopompo; nel secondo si connette il problema dell'uso che Teopompo avrebbe fatto delle Elleniche di Senofonte con quello della Autorschaft delle Elleniche di Ossirinco. L'autore rovescia l'argomento di Maas per cui l'autore delle Elleniche di Ossirinco, che non mostrerebbe traccia di uso di Senofonte, non può essere identificato con Teopompo, che, invece, ne avrebbe fatto uso.
Con il secondo capitolo, sulla battaglia di Cnido, inizia il sistematico confronto tra Senofonte e le Elleniche di Ossirinco/Diodoro. Lo spazio non permette di esaminare tutti i passi coinvolti, ma si deve almeno osservare che l'invenzione dell'itinerario di Pisandro da parte dell'autore delle Elleniche di Ossirinco (42-44) risulta difficile da dimostrare: che la fonte di Diodoro complichi sistematicamente gli itinerari marittimi senza una base documentaria, per di più creando percorsi poco verosimili, va contro la tendenza a semplificare propria di chi imita e, anche ammettendo la volontà di differenziarsi, non appare motivato né da ragioni ideologiche né letterarie. Da motivi ideologici potrebbe dipendere il fatto che in Senofonte Conone comandava le navi greche e Farnabazo le navi fenicie, mentre in Diodoro i due generali esercitavano il comando in comune (47 s.), ma non si può escludere che Senofonte avesse presente il comando separato dei contingenti greci alla battaglia di Cunassa, alla quale aveva preso parte: non è raro che la descrizione di un fatto militare sia influenzata dall'esperienza personale, che Polibio nel libro XII considera essenziale per lo storico. Un aspetto che merita di essere approfondito sono le corrispondenze ad verbum (56 s.), che in alcuni casi possono essere spiegate come nessi comuni per descrivere situazioni ricorrenti, mentre in altri, come in Xen. Hell. 3, 5, 4 e Hell. Oxy. 21, 4, si può effettivamente pensare alla dipendenza di un testo dall'altro oppure a una fonte comune. Un problema importante messo a fuoco nel III capitolo sono i rapporti all'interno della lega beotica. L'autore arriva a concludere che Elleniche di Ossirinco avrebbero compiuto una consapevole idealizzazione, prendendo le mosse dalla situazione degli anni 60 e 50 del IV secolo. Anche nel caso della missione di Timocrate in Grecia (cap. IV), dove Senofonte sembra cadere in errore, l'autore vuole dimostrare che le notizie delle Elleniche di Ossirinco sono un adattamento di quelle di Senofonte e che persino il corretto ordine cronologico sarebbe frutto di una combinazione casuale (93). Lo stesso metodo, con gli stessi risultati, è applicato nel lungo cap. V sulla campagna asiatica di Agesilao nel 395. La ricchezza di dettagli topografici nelle Elleniche di Ossirinco deriverebbe da una fonte periegetica e la valutazione critica di Agesilao risponderebbe al criterio di Teopompo di dare un giudizio articolato sui principali personaggi. Il bilancio tracciato nel VI capitolo ripropone l'idea per cui Tucidide sarebbe lo standard non più eguagliato della storiografia scientifica e l'inevitabile giudizio negativo sulla storiografia del IV secolo (134). Ma che Tucidide sia stato frainteso non implica che Senofonte e i suoi contemporanei fossero storiografi di livello inferiore: probabilmente avevano scopi diversi da quelli di Tucidide e li perseguivano con strumenti diversi. Il confronto tra Senofonte e le Elleniche di Ossirinco, spesso giudicate come una lodevole eccezione nell'ambito della storiografia coeva, porta l'autore a considerare queste ultime come una costruzione posteriore e arbitraria, realizzata mediante variazione e correzione dei dati forniti da Senofonte. L'ipotesi per cui sarebbe Teopompo l'autore delle Elleniche non viene contraddetta, secondo l'autore, degli argomenti stilistici e cronologici. Questa indagine porterebbe a identificare già nella storiografia post-tucididea una frattura tra una storiografia essenzialmente scientifica e una storiografia volta alla rielaborazione retorica delle notizie. Ma occorre aver chiaro che non tutto quello che classifichiamo come storiografia può essere trattato con gli stessi metodi: e non si può credere che con i due grandi modelli, Erodoto e Tucidide, il destino del genere storico sia stato fissato una volta per tutte. Il IV secolo presenta una vasta gamma di prodotti letterari di contenuto storico che sperimentano strutture e tecniche narrative nuove, ideate al servizio di funzioni solo parzialmente identificabili con quelle che Tucidide aveva in mente.
La maggior parte delle argomentazioni si può agevolemente rovesciare e, in ogni caso, dipende dai risultati, non certo definitivi, della Quellenforschung tardopositivistica. Tutte le divergenze tra Senofonte e le Elleniche di Ossirinco/Diodoro vengono sistematicamente spiegate come varianti arbitrarie introdotte sulla base del racconto senofonteo, senza tener conto di possibili altre fonti di informazione. La mancanza di una controprova, dovuta alla perdita dei testi, non permette di confutare in via definitiva nessuna delle tesi, anche se le indicazioni di metodo messo a punto da G. Schepens (Who Wrote the Hellenica Oxyrhynchia? The Need for a Methodological Code, in S. Bianchetti / M. Cataudella (edd.): Le "Elleniche di Ossirinco" a cinquanta anni dalla pubblicazione dei Frammenti Fiorentini 1949-1999, Atti del Convegno, Firenze 22-23 novembre 1999. La Spezia 2002, 201-224) non possono essere in alcun modo eluse. Infine non si presta attenzione alla particolare forma letteraria delle opere di storiografia, a partire da quelle Elleniche di Senofonte che risultano particolarmente difficili da interpretare e da inquadrare (per questo rinvio al mio Thucydides Continued, in A. Rengakos / A. Tsakmakis (edd.): A Companion to Thucydides. Leiden 2006, 691-719). In sintesi, si può affermare che lo studio di Bleckmann, pur discutibile nel metodo e nei risultati, offre stimoli alla ricerca e ha il merito indubbio di alimentare il dibattito sulla storiografia del IV secolo isolando alcuni problemi che meritano di essere approfonditi.
Roberto Nicolai