Raimund Schulz: Kleine Geschichte des antiken Griechenland, Stuttgart: Reclam 2008, 480 S., ISBN 978-3-15-010679-2, EUR 19,90
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Questo agile manuale di storia greca in dieci capitoli si struttura intorno ad alcuni centri di interesse principali: l'inserimento della storia dei Greci nello sviluppo della storia mondiale, l'importanza della mobilità, il ruolo della guerra e delle iniziative coloniali, le eccezionali realizzazioni in ambito letterario, artistico e culturale. Rivolto a un pubblico vasto e non specialistico, il libro è corredato da una serie di cartine, da indici dei nomi e dei luoghi e da una adeguata bibliografia.
I primi due capitoli trattano il periodo compreso fra l'età micenea e il VI secolo. Il primo (17-53) individua tra le caratteristiche della società micenea il carattere gerarchico ma non dispotico, la guerra, il commercio transmarino e le relazioni diplomatiche, in cui la mobilità ha un ruolo fondamentale. Dell'età oscura l'autore sottolinea gli elementi di continuità con l'epoca precedente, come l'architettura, la religione, la lingua e soprattutto il mantenimento della mobilità, presente in Omero (i Greci appaiono ampiamente presenti in Oriente e Occidente come pirati, mercenari, mercanti) e in Esiodo (che mostra la recezione di influenze orientali e la dimestichezza con il commercio navale). Il secondo capitolo (54-110) riguarda la polis: processo di formazione, principali strutture urbanistiche e istituzionali, significato politico in termini di integrazione progressiva delle classi non aristocratiche in un sistema tendenzialmente partecipativo, anche grazie alla riforma oplitica. Si rileva l'opposizione tra insediamento kata poleis e insediamento kata komas, caratteristico di aree periferiche come Etolia, Tessaglia, Macedonia, Epiro, pur senza discutere il ruolo degli stati federali nell'arcaismo. La parte sullo sviluppo costituzionale di Atene e di Sparta è molto sintetica: Clistene e la sua riforma sono inseriti nel contesto delle lotte fra aristocratici (cfr. Her. V, 66, il quale parla di affiliazione del demos all'eteria di Clistene), ma ciò non toglie alla riforma il suo valore rivoluzionario, consistente nella realizzazione di una "mescolanza" capace di spezzare il potere dei gene aristocratici e nella valorizzazione del demos già promosso da Pisistrato.
Il terzo capitolo (111-143) considera in parallelo lo sviluppo delle due grandi potenze barbariche, la Persia e Cartagine, viste come una minaccia unitaria al mondo greco, e valorizza le motivazioni ideologiche dello scontro. Atene nella madrepatria, Siracusa in Occidente rivendicarono il merito della vittoria e furono al centro delle sue celebrazioni, condotte sul tema della contrapposizione libertà/schiavitù e della convinta difesa, da parte greca, dei valori insiti nel proprio stile di vita (un'interpretazione che non va ritenuta solo una ricostruzione post eventum e che l'autore ritiene alla base dell'identità greca, cfr. Her. VIII, 144).
Il IV e V capitolo coprono tutta l'età classica. Il IV (144-191) è dedicato alla pentecontetia come epoca dello sviluppo dell'egemonia ateniese e della democrazia, compimento di un processo che parte da Clistene e ha uno dei suoi passaggi fondamentali nella politica navale di Temistocle e nella promozione dei teti. Ampio spazio è dedicato al sistema democratico: strutture istituzionali aperte alla partecipazione, organizzazione sociale relativa a cittadini ed esclusi, possibilità di comunicazione tra elite e masse negli spazi pubblici attraverso la mediazione della retorica (con il conseguente inserimento degli ideali aristocratici nell'ideologia democratica). A questo "compromesso" l'autore fa risalire la caratteristica concordia del contesto politico e sociale ateniese, così diverso in questo da altre democrazie greche, come Argo e Siracusa: una concordia cui contribuì, a mio parere, anche il carattere non rivoluzionario della riforma democratica. Interessante il rilievo che collega il successo di Pericle con la sua capacità di interiorizzare le regole del gioco democratico. Non sono invece convinta che si debba ridimensionare il conflitto fra Pericle e Tucidide di Melesia in Plutarco, che l'autore considera una "Konstruktion": Plutarco ha infatti ottime fonti contemporanee, e negare il rifiuto del sistema democratico da parte della fazione di Tucidide non tiene conto di posizioni come quelle espresse dallo Pseudosenofonte (che molti hanno ritenuto vicine a quelle del rivale di Pericle). Il capitolo si sofferma poi sugli aspetti culturali dell'età periclea (sofistica, storiografia, letteratura, arte), sottolineando come il teatro e l'espressione artistica esprimano l'autocoscienza democratica. Risulta forse un po' sminuita l'influenza della sofistica sulla politica: è vero che i sofisti non avevano una linea politica unitaria, ma certo contribuirono a quella crisi dei valori che Tucidide individua fra le cause della crisi democratica di fine V.
Il V capitolo (192-232) comprende, oltre alla guerra del Peloponneso, tutto il IV secolo fino all'ascesa della Macedonia ed è molto essenziale per quanto riguarda le vicende politico-militari. L'autore preferisce sottolineare aspetti come il conflitto di Atene con Corinto e Siracusa, le città homoiotropoi, la ricerca di stabilità politica e di restaurazione etica dopo il 404, il ruolo della Persia vera vincitrice della guerra del Peloponneso e della guerra di Corinto, lo sviluppo delle terze forze e degli stati federali, i cambiamenti di carattere economico, sociale e militare. La Siracusa di Dionisio I, grande potenza territoriale a gestione di fatto monarchica, viene giustamente presentata come anticipazione dell'ellenismo. Il VI capitolo (234-260) considera l'esperienza di Filippo e di Alessandro come momento di transizione: in un contesto in cui gli intellettuali greci cominciano ad individuare nel principio monarchico una soluzione ai problemi della polis, la Macedonia si ispira ai tiranni sicelioti e alla Persia per la costruzione di una alternativa.
Gli ultimi quattro capitoli trattano del periodo ellenistico-romano, cui viene dato comparativamente un grande spazio nella ricostruzione (261-418). Le vicende sono ampiamente sintetizzate (rapidissimo l'excursus sull'età dei diadochi, un po' più analitico quello sulla conquista romana). Il VII capitolo (261-294) si concentra sulle caratteristiche della monarchia ellenistica, in particolare sul principio monarchico, sui rapporti con la tradizione locale, sul ruolo politico e sociale della corte, sul nuovo ruolo delle città e sulle relazioni con il sovrano, sulla politica coloniale. L'VIII capitolo (295-342) esamina i diversi aspetti sociali e culturali dell'ellenismo, compreso il problema dell'integrazione, talora difficile, con popoli diversi; il IX (343-379) considera la caduta del mondo greco sotto il dominio romano; il X (380-418) tratteggia i principali aspetti politici, sociali, culturali della Grecia romana, sottolineando le relazioni di opposizione, di reciproca influenza e di adattamento di volta in volta verificatesi.
Il libro affronta in modo agile ed esauriente, senza ricorrere ad una selezione troppo drastica, le linee principali della storia greca, e non rinuncia a mettere in evidenza la problematica sottesa alla ricostruzione. L'originalità della prospettiva generale risiede nell'attenzione alla storia delle idee e della mentalità, benché l'aspetto evenemenziale non sia ignorato. Il pubblico ampio cui si rivolge vi troverà uno strumento certamente valido per la conoscenza delle principali questioni di greca.
Cinzia Bearzot