Rezension über:

Thomas Blank: Logos und Praxis. Sparta als politisches Exemplum in den Schriften des Isokrates (= KLIO. Beiträge zur Alten Geschichte. Beihefte. Neue Folge; Bd. 23), Berlin: de Gruyter 2014, XII + 692 S., ISBN 978-3-11-034200-0, EUR 99,95
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Rezension von:
Claudia Brunello
Rom
Redaktionelle Betreuung:
Matthias Haake
Empfohlene Zitierweise:
Claudia Brunello: Rezension von: Thomas Blank: Logos und Praxis. Sparta als politisches Exemplum in den Schriften des Isokrates, Berlin: de Gruyter 2014, in: sehepunkte 15 (2015), Nr. 4 [15.04.2015], URL: https://www.sehepunkte.de
/2015/04/25335.html


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Thomas Blank: Logos und Praxis

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In questo volume Thomas Blank si propone di tracciare un quadro coerente dei riferimenti a Sparta in Isocrate. Nonostante la scelta di analizzare i discorsi secondo un criterio tematico, lo scopo del lavoro è di osservare a un livello più generale la prassi compositiva dell'autore. Individuando in Sparta uno specchio di Atene, Blank intende dimostrare come lo studio dell'esempio storico permetta di cogliere le linee essenziali del pensiero di Isocrate e di giungere così a una valutazione complessiva delle finalità paideutiche della sua opera.

Dopo una prima sezione introduttiva, in cui sono ricordati i maggiori filoni della critica moderna sull'autore e in cui sono illustrati alcuni principi di metodo (A), la parte più consistente del lavoro riguarda l'analisi dei singoli discorsi (B). Considerata l'ampiezza del libro, l'autore cerca di facilitarne la consultazione evidenziando le questioni più importanti alla fine di ogni capitolo e riassumendo i principali risultati della ricerca nelle conclusioni (C).

Presupposto dello studio di Blank è che Isocrate non sia autore né di pamphlets politici né di semplici esercizi retorici. Quando sottolinea la natura epidittica dei discorsi isocratei, Blank si basa soprattutto sui lavori di J. Walker e di J.D. Pratt. Non sembra considerare invece i risultati a cui sono giunti gli studi che hanno messo in luce la specificità dei λόγοι di Isocrate in relazione ai generi letterari tradizionali (vd. R. Nicolai, Studi su Isocrate. La comunicazione letteraria nel IV sec. a.C. e i nuovi generi della prosa, Roma 2004) e che hanno portato a riconoscere come l'autore, attraverso indicazioni di tipo metaletterario, si mostri consapevole dei nuovi modi della fruizione dei testi scritti: a partire da queste considerazioni è stato notato come i riferimenti alle scene scolastiche costituiscano un espediente attraverso cui Isocrate descrive il proprio insegnamento (sull'autorappresentazione dell'autore e sugli scopi educativi dell'imitazione del maestro si possono segnalare alcuni lavori di recente pubblicazione: R. Nicolai, Isocrate et ses amis: l'école du rhéteur décrite par le maître, in C. Noacco - C. Bonnet - P. Marot - Ch. Orfanos (éds.), Figures du maître. De l'autorité à l'autonomie, Rennes 2013, pp. 139-158; M.-P. Noël, L'orateur, le philosophe et le vantard: la question du rapport éthique au discours dans le Contre les Sophistes d'Isocrate, in Ch. Guérin - G. Siouffi - S. Sorlin (éds.), Le rapport éthique au discours. Histoire, Pratiques, Analyses, Bern 2013, pp. 121-139). Nella parte introduttiva Blank ricorda come in soph. 12 Isocrate rifiuti l'idea di ridurre la retorica a una τεταγμένη τέχνη (69). Tuttavia, egli suppone che con i suoi scritti il retore non intendesse solo fornire dei modelli argomentativi, ma anche indurre il lettore a desumere dei veri e propri precetti. Nel tentativo di inserire Isocrate in una storia della teoria retorica antica, Blank propone di individuare nella lode, nella difesa e nel biasimo tre categorie di discorsi che prevedono procedimenti argomentativi fissi (72-74). Al rispetto delle regole di genere è ricondotto anche il concetto di καιρός, senza però un accenno alla complessa accezione che il termine assume nel caso di orazioni fittizie ambientate come quelle di Isocrate, e alla necessità quindi di distinguere i diversi piani temporali della composizione, dell'ambientazione e della fruizione (sul significato di καιρός in Isocrate vd. già M. Vallozza, Καιρός nella teoria retorica di Alcidamante e di Isocrate, ovvero nell'oratoria orale e scritta, "Quaderni Urbinati di Cultura Classica" n.s. 21 (50), 1985, pp. 119-123). Elaborando una sorta di griglia di riferimento, in quest'ambito Blank dedica voci separate ad ἀλήθεια e a εἰκός, anche se in Isocrate l'efficacia argomentativa del discorso non si fonda su una distinzione netta tra i due concetti da un punto di vista epistemologico.

Ricollegandosi alle teorie moderne che hanno indagato il ruolo ermeneutico del lettore, Blank ipotizza che Isocrate si rivolgesse a un pubblico critico, in grado di riconoscere eventuali ambiguità espressive e di verificare la bontà della sua esposizione. Non essendo possibile entrare nel dettagliato delle singole questioni affrontate nel volume, mi limito a selezionare qualche esempio, cominciando dal capitolo in cui Blank indica nell'Elena e nel Busiride una sorta di manifesto della dottrina retorica di Isocrate. Lo studioso sostiene che nel Busiride l'intreccio tra lode e difesa (la cui distinzione nell'Elena costituisce un elemento di distanza da Gorgia) e la scelta di sviluppare, come Policrate, un argomento 'non serio' (Bus. 9) implichino che il discorso non possa sottrarsi alle critiche rivolte dall'autore stesso ai sofisti. Il racconto su Busiride è palesemente inventato: sottolineando come la lode dell'Egitto non sia credibile dal momento che comporta un completo rovesciamento della tradizione, Blank tende però a sovrapporre i piani diversi della plausibilità retorica, della verità storica e del racconto tramandato sui fatti. Isocrate si esprimerebbe in modo ambiguo quando si chiede a chi potrebbe essere attribuito il merito del migliore ordinamento politico se non al 'figlio di Poseidone' (Bus. 35): Blank suggerisce di cogliere nella domanda retorica un'allusione a Teseo, a cui è fatta risalire l'origine delle istituzioni ateniesi nell'Elena; riconoscendo il riferimento alla genealogia divina, il pubblico sarebbe stato capace di comprendere anche lo scarto tra l'elogio paradossale di Busiride e il vero pensiero dell'autore, la cui lode è rivolta ad Atene (130-143). Anche se livelli diversi di comprensione sono sempre possibili, rimane aperto il problema di stabilire fino a che punto sia lecito ricostruire ciò che nel testo non è detto.

In paneg. 8 Isocrate esalta i poteri della parola ripetendo una formulazione simile a quella che Platone attribuisce a Tisia e a Gorgia (Phaedr. 267a). Blank vede invece nel passo un ammonimento al lettore circa il pericolo che una cattiva retorica possa restituire una versione distorta dei fatti (169-171). Su queste basi egli ipotizza che Isocrate offra una dimostrazione concreta di questa possibilità inserendo deliberatamente nel testo degli argomenti erronei. Secondo Blank le posizioni sostenute in paneg. 100-128 non sarebbero coerenti né con il resto del discorso né con l'insegnamento retorico di Isocrate: una lettura attenta permetterebbe allora di riconoscere come la difesa delle colpe di Atene non sia in linea con il giudizio critico sulla recente esperienza dell'ἀρχή espresso in altre circostanze (212-241). Nel caso dell'Archidamo la difficoltà di conciliare l'esaltazione della politica aggressiva di Sparta con il resto della produzione isocratea sarebbe solo apparente: attraverso una serie di segnali disseminati nel testo Isocrate screditerebbe la figura dell'oratore spartano e fornirebbe al pubblico gli elementi sufficienti per constatare la scarsa credibilità dei suoi argomenti (300-371).

È interessante l'idea che Isocrate voglia mettere alla prova il lettore. Quando nelle conclusioni lascia aperta la possibilità che l'insegnamento orale del retore non trovi completa corrispondenza nei suoi scritti, Blank tocca temi spinosi che coinvolgono contemporaneamente il confronto con Platone e con i metodi interpretativi che propongono di considerare i dialoghi una propedeutica alla vera filosofia (617 s.): in questo modo egli estende all'analisi di tutta l'opera isocratea questioni che sono state dibattute soprattutto in relazione alla scena dialogica del Panatenaico e alla definizione di λόγοι ἀμφίβολοι (panath. 240). Sono condivisibili le premesse su cui Blank si basa per evidenziare come i discorsi non siano necessariamente l'espressione diretta del pensiero di Isocrate, dal momento che non è possibile sottovalutare la dimensione fittizia dell'ambientazione e l'impegno con cui viene costruito l'ethos dell'oratore. Sotto questi aspetti il volume offre spunti che meritano certamente di essere approfonditi.

Claudia Brunello