Rezension über:

Bärbel Ruhl: Imbros. Archäologie einer nordostägäischen Insel (= Marburger Beiträge zur Archäologie; Bd. 5), Marburg: Eigenverlag des Archäologischen Seminars der Philipps-Universität Marburg 2019, IX + 306 S., 3 Farb-, 393 s/w-Abb., ISBN 978-3-8185-0536-3, EUR 89,00
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Rezension von:
Claudio Biagetti
Seminar für Alte Geschichte, Westfälische Wilhelms-Universität, Münster
Redaktionelle Betreuung:
Matthias Haake
Empfohlene Zitierweise:
Claudio Biagetti: Rezension von: Bärbel Ruhl: Imbros. Archäologie einer nordostägäischen Insel, Marburg: Eigenverlag des Archäologischen Seminars der Philipps-Universität Marburg 2019, in: sehepunkte 20 (2020), Nr. 2 [15.02.2020], URL: https://www.sehepunkte.de
/2020/02/33348.html


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Bärbel Ruhl: Imbros

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"Im Vergleich zu anderen antiken Stätten, die mitunter seit mehr als 100 Jahren kontinuierlich ausgegraben werden, wissen wir über Imbros noch wenig. Dies kann auch durch diese Monografie nicht ausgeglichen werden, die vielmehr als Neuanfang und Grundlage für weitere wissenschaftliche Erforschung von Imbros nach Jahrzehnte langem Stillstand dienen soll." Queste parole, tratte dal Nachwort del volume di Bärbel Ruhl (147), sembrano delineare al meglio la situazione in cui versa la moderna esplorazione archeologica di Imbro. L'obiettivo prioritario fissato già in premessa (VIII) - una raccolta ragionata della documentazione storico-archeologica oggi disponibile - diviene con il passare delle pagine un risultato concreto, di cui si deve senz'altro rendere merito all'Autrice.

Il volume è essenzialmente bipartito. Dopo una breve sezione introduttiva, che comprende l'indice contenutistico (III-V), una presentazione del lavoro da parte di Winfried Held (VII) e una premessa dell'Autrice (VIII-IX), prende avvio l'ampia sintesi storico-archeologica (1-147), cui fa seguito il catalogo dei rinvenimenti (148-283). Chiudono il lavoro un'appendice, che include un registro prosopografico e una raccolta di testimonia letterari (284-303), un indice delle abbreviazioni utilizzate per le opere più citate (304-305) e riferimenti per alcune delle immagini riprodotte nel corso dell'esposizione (306).

La sintesi storico-archeologica offre un quadro completo e aggiornato sullo stato di avanzamento delle ricerche dedicate a Imbro. A seguito del trattato di Losanna e del passaggio di Gökçeada alla Turchia (1923), l'accesso all'isola venne fortemente limitato per quanti volessero condurvi indagini di carattere scientifico. Ciò comportò, fra l'altro, la sospensione pressoché totale delle attività archeologiche per circa un ottantennio, con parziale dispersione della documentazione archeologica precedentemente rilevata. Questo ed altri momenti significativi dell'esplorazione di Imbro sono richiamati nel capitolo introduttivo (1-7), ove si chiariscono altresì gli obiettivi del lavoro e si procede ad una descrizione geo-morfologica dell'isola, con osservazioni aggiuntive sui risvolti storici e socioculturali dell'insularità. La sezione seguente (11-29), che anticipa in parte i contenuti del catalogo, offre all'Autrice un primo momento di riflessione e di valutazione complessiva della documentazione archeologica sinora nota. Essenzialmente incentrati sulla storia di Imbro sono i due capitoli successivi, dedicati - rispettivamente - alla protostoria isolana (30-32) e alla storia di Imbro fra età arcaica ed età romana (33-105): nel corso dell'esposizione, l'Autrice non manca di valorizzare il dato archeologico, proponendo - spesso sulla scia di studi precedenti - ipotesi e interpretazioni, sulle quali tuttavia sembrerebbe necessario un supplemento d'indagine (come ad es. per le presenze preelleniche sull'isola). Ineludibile è una valutazione dell'incidenza ateniese non soltanto sugli eventi politico-militari che segnarono la storia di Imbro, ma anche sugli assetti socio-istituzionali ed economico-produttivi che si lasciano desumere a partire dalla documentazione disponibile. La pur precoce presenza ateniese ha indubbiamente avuto un forte impatto su molti aspetti della vita locale, ma è consigliabile rifuggire dalla tentazione di rileggere tutta la storia imbria in termini di maggiore o minore autonomia dal giogo ateniese, come pare suggerire il titolo della sezione storica (Imbros unter den Athenern). Il capitolo sulla mitologia e sulla religione locale (106-127) lascia riaffiorare per larghi tratti l'originalità del patrimonio leggendario e cultuale di Imbro, una specificità che è opportunamente rilevata dall'Autrice, la quale dedica ampio spazio alle testimonianze connesse ai culti dei Cabiri e di Ermes e, parallelamente, alle possibili dislocazioni dei rispettivi santuari nella topografia isolana. L'esame delle testimonianze storico-archeologiche collegate alla dimensione economica locale (128-141) è affrontato tenendo anzitutto conto del ruolo strategico di Imbro nel controllo delle rotte granarie dal Ponto Eusino. Tracce di sfruttamento agricolo si ravvisano negli insediamenti produttivi sparsi in diverse aree dell'isola. L'evidenza numismatica, d'altro canto, mostra una limitata circolazione di nominale bronzeo locale. Il capitolo conclusivo della sezione storica è dedicato al problema dell'identità imbria (142-144) e, in particolare, ai tratti che di essa riemergono tanto nella tradizione storico-letteraria, quanto nella cultura materiale, artistica e religiosa. Un bilancio storico e un epilogo chiudono la prima parte del volume (145-147).

La seconda metà del volume contiene un catalogo di 298 oggetti, riordinati per categoria tipologica (148-273). Di ciascun oggetto sono indicati (ove ancora reperibili) il luogo di conservazione, il luogo di rinvenimento, l'eventuale numero identificativo assegnato nel corso delle surveys 1995-1998, le dimensioni, il materiale, la datazione e l'eventuale bibliografia di riferimento. I dati 'quantitativi' sono accompagnati da una descrizione del reperto, da un'immagine fotografica o da un facsimile (ove disponibili), nonché di una trascrizione dell'epigrafe (nel caso di oggetti con testi incisi). Non è sempre chiara la ragione che induce l'Autrice a raccogliere separatamente gruppi eterogenei di oggetti che, in verità, avrebbero potuto essere singolarmente inclusi nell'una o nell'altra categoria di reperti già prevista, come per i Weitere Reliefs und Stelen (198-212). Ad ogni modo, chiudono il volume: un registro di iscrizioni che, pur rinvenute al di fuori dell'isola, rimandano ad Imbro o a suoi cittadini (274-277); un elenco delle testimonianze numismatiche disponibili (278-283); una lista prosopografica di individui, a vario titolo legati ad Imbro (284-298); una raccolta di testimonia letterari (299-303); un indice delle abbreviazioni bibliografiche (304-305).

L'alto valore documentario del volume non è in questione. Occorre tuttavia segnalare qualche imprecisione sotto il profilo storico-letterario ed epigrafico, come l'uso improprio e anacronistico di una testimonianza di Filarco (III secolo a.C.) citata da Ateneo (II-III secolo d.C.) - nella quale, peraltro, trova spazio non Imbro, ma Lemno (Phylarch. FGrHist 81 F 2 ap. Ath. VI 66, 254f-255a) - per dimostrare che, ancora sotto il regno di Settimio Severo (193-211 d.C.!), Imbro sarebbe stata controllata da Atene (38); oppure come l'asserita esistenza ad Imbro di un santuario di Apollo sulla base di una testimonianza epigrafica quasi del tutto integrata (186, F 77). Trattandosi di un volume di carattere scientifico, inoltre, nel redigere il registro delle testimonianze letterarie sarebbe stato preferibile far riferimento ad edizioni critiche di largo uso, anziché rimandare al repertorio di testi della collezione Perseus che, peraltro, accoglie soltanto di rado opere della letteratura bizantina o frammenti di opere non trasmesse (299). Quanto all'impostazione generale, la Übersicht sui ritrovamenti (11-29) avrebbe trovato più consona collocazione come introduzione al catalogo, anziché come capitolo della sezione storica. A dispetto della ricca bibliografia, si segnala almeno l'assenza di rinvii agli studi epigrafici di Catherine Asdracha (Inscriptions protobyzantines et byzantines de la Thrace orientale et de l'île d'Imbros [IIIe - XVe siècles], Athènes 2003), come nel caso del reperto F 234 (257 = Asdracha, Inscriptions), nr. 39, 274-276).

Claudio Biagetti