Rezension über:

Francesco Pipino: Chronicon. Libri XXII-XXXI. Edizione critica e commento a cura di Sara Crea (= Edizione Nazionale dei Testi Mediolatini d'Italia; 59), Firenze: SISMEL. Edizioni del Galluzzo 2021, VIII + 1022 S., ISBN 978-88-9290-069-1, EUR 148,00
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Rezension von:
Enrico Faini
Florenz
Redaktionelle Betreuung:
Ralf Lützelschwab
Empfohlene Zitierweise:
Enrico Faini: Rezension von: Francesco Pipino: Chronicon. Libri XXII-XXXI. Edizione critica e commento a cura di Sara Crea, Firenze: SISMEL. Edizioni del Galluzzo 2021, in: sehepunkte 23 (2023), Nr. 2 [15.02.2023], URL: https://www.sehepunkte.de
/2023/02/36971.html


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Francesco Pipino: Chronicon. Libri XXII-XXXI

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L'opera pubblicata in questa nuova edizione (per la prima volta critica) è una cronaca universale in latino composta da un frate domenicano nei primi decenni del Trecento. Francesco Pipino (l'autore o, meglio, il compilatore) era nato a Bologna verso il 1270 in una famiglia di tradizione notarile e nel 1289 era già frate nel convento bolognese di S. Domenico. Dopo avervi svolto la funzione di archivista fino al 1312, passò nel convento di S. Agostino a Padova, del quale fu priore tra 1314 e 1315. Migrato a Milano (non è ben chiaro quando) e poi tornato a Bologna nel 1318, fu pellegrino in Terra Santa tra 1320 e 1321. Con ogni probabilità negli anni successivi si dedicò alla grande opera di compilazione dalla quale scaturì il Chronicon in 31 libri, che abbraccia un arco cronologico compreso tra il 754 e il 1317. In precedenza, Pipino aveva composto la sua opera più fortunata: la traduzione in latino, a partire da un volgarizzamento veneziano, del Milione di Marco Polo.

Certo, non si può dire che il Chronicon sia stato altrettanto fortunato: esso è infatti tràdito da un unico manoscritto (alfa.x.01.05) conservato presso la Biblioteca estense di Modena. [1] L'editrice ipotizza che si tratti di un idiografo al quale Pipino stesso volle apporre delle note marginali (la seconda tra le tre mani identificate sul manoscritto). Fino a oggi, l'opera era nota soltanto attraverso l'edizione - parziale - di Ludovico Antonio Muratori. [2] La presente edizione riguarda gli ultimi dieci libri, e abbraccia l'arco cronologico compreso, grosso modo, tra il regno di Federico Barbarossa e quello di Enrico VII: la successione dei sovrani dell'Impero occidentale è, infatti, il criterio di organizzazione delle notizie raccolte. Sebbene l'edizione di Muratori riguardi la stessa porzione del Chronicon, la nuova edizione recupera molto testo che Muratori aveva considerato inutile e non aveva pubblicato.

Il grande modello del Chronicon (e la sua fonte principale fino alla morte di Federico II nel 1250) è lo Speculum Historiale di Vincenzo di Beauvais, anch'egli frate domenicano. Il criterio di organizzazione della materia, tuttavia, è differente: annalistico nello Speculum, tematico nel Chronicon (18). Un'altra differenza consiste nel fatto che Pipino modifica il "baricentro geografico del racconto" (prevalentemente francese per Vincenzo di Beauvais) per avvicinarlo al suo ambiente di vita e di lavoro: l'Italia settentrionale (19). Per farlo - anche per il periodo più antico del testo edito, ovvero quello compreso tra Federico I e Federico II - Pipino si fondò su altre fonti: torneremo su questo più avanti. Oltre allo Speculum Historiale il network domenicano offriva a Pipino un'altra vasta e fortunata compilazione: il Chronicon pontificum et imperatorum di Martin Polono. Pipino lo sfruttò specialmente per le biografie dei papi che, dopo quelle degli imperatori, costituiscono la seconda impalcatura cronologica del Chronicon. Nonostante il carattere compilativo della sua opera, Pipino appare un "attivo selezionatore" (29), come dimostra, ad esempio, il trattamento selettivo delle parti dello Speculum provenienti dalla Historia Mongalorum di Giovanni da Pian del Carpine: se ne ricava l'idea che per il bolognese il pericolo dell'incontro/scontro con i Mongoli non fosse più attuale, come era invece alla metà del secolo precedente.

Sarebbe troppo lungo elencare tutte le altre fonti individuate dalla curatrice. Un'attenzione particolare va tuttavia riservata alle opere di Riccobaldo da Ferrara, in particolare quelle sopravvissute (Pomerium Ravennatis Ecclesie e Compendium) poiché, per gli eventi successivi al 1250 e per la realtà cittadina italica, sono fonti importanti per Pipino. Non è chiaro se il domenicano ebbe modo di leggere anche l'opera maggiore di Riccobaldo, le Historie, oggi in gran parte perduta. La storia delle realtà urbane dell'Italia settentrionale ci permette di apprezzare con maggiore dettaglio i criteri selettivi del compilatore e perfino il suo orientamento ideologico. Lo scontro tra Federico Barbarossa e le città italiche è ricostruito attraverso due fonti di impostazione opposta: la Historia Federici I del giudice lodigiano Ottone Morena, filoimperiale, e i Gesta Federici I in Lombardia di un anonimo filomilanese. Pipino privilegia il racconto filoimperiale, mentre riserva un modesto spazio all'opera dell'anonimo, solo per colmare i vuoti lasciati dal cronista lodigiano (50).

A mio giudizio, tuttavia, risultano ancora più significative le implicazioni dell'uso di altre fonti, relative alla storia milanese dei secoli XI e XII, dunque non compresa nella porzione del Chronicon pubblicata. L'aver dedicato attenzione critica anche a questa parte della compilazione dimostra - una volta di più - la serietà e la completezza del lavoro dell'editrice. Pipino cita infatti antichi scrittori milanesi (Arnolfo, Landolfo Seniore, Landolfo di San Paolo) che ci sono noti attraverso pochi codici medievali sopravvissuti, anzi, nel caso di Landolfo di San Paolo attraverso un unico codice, la cui confezione è oltretutto successiva alla vita di Pipino (inizio del secolo XV). [3] Se consideriamo anche che l'opera di Landolfo di San Paolo ha un carattere autoptico e fortemente personale, appare notevole il fatto che una compilazione tanto lontana cronologicamente e stilisticamente abbia potuto far proprie le notizie provenienti da lì. È vero che Pipino soggiornò a Milano: così si può spiegare il contatto anche senza immaginare una circolazione medievale di Landolfo di San Paolo. Resta il fatto che la circolazione delle persone è la variabile imponderabile che complica la storia ricostruibile partendo dalla circolazione dei manoscritti. Ne consegue che può risultare erroneo postulare, basandosi sulla scarsa fortuna manoscritta, una scarsa influenza dei cronisti medievali. Vale anche per Pipino?

Annotazione:

[1] Il manoscritto è oggi interamente accessibile on line (https://edl.beniculturali.it/beu/850010964).

[2] Rerum Italicarum Scriptores, ed. L. A. Muratori, IX, Mediolani, Typographia Societatis Palatinae, 1726, coll. 587-752.

[3] M. Petoletti: Voci immobili: le iscrizioni di Ariberto, in Ariberto da Intimiano: fede, potere e cultura a Milano nel secolo XI, a cura di E. Bianchi, M. Basile Weatherill, M.R. Tessera, M. Beretta, Cinisello Balsamo (Milano) 2007, 123-155: 150-1.

Enrico Faini