Rezension über:

Ann Eljenholm Nichols: Making Books in Fifteenth-Century Cambridge. William Dyngley's Patristic Project (= York Manuscript and Early Print Studies; Vol. 8), Woodbridge / Rochester, NY: Boydell & Brewer 2025, XV + 303 S., 11 Farb-, 67 s/w-Abb., ISBN 978-1-914049-29-3, GBP 85,00
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Rezension von:
Giovanna Murano
Firenze
Redaktionelle Betreuung:
Ralf Lützelschwab
Empfohlene Zitierweise:
Giovanna Murano: Rezension von: Ann Eljenholm Nichols: Making Books in Fifteenth-Century Cambridge. William Dyngley's Patristic Project, Woodbridge / Rochester, NY: Boydell & Brewer 2025, in: sehepunkte 25 (2025), Nr. 11 [15.11.2025], URL: https://www.sehepunkte.de
/2025/11/40313.html


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Ann Eljenholm Nichols: Making Books in Fifteenth-Century Cambridge

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L'oggetto di questo volume è il progetto di una biblioteca patristica realizzato da William Dyngley, fellow del Peterhouse di Cambridge dal 1393. Suddiviso in cinque capitoli seguiti da otto appendici, ha un corredo di immagini a colori e in bianco e nero e tabelle esplicative.

Poco prima di morire (verso il 1442/43) Dyngley aveva riunito trentatrè manoscritti (ma il numero non è certo), ventidue dei quali sono stati identificati; di questi, diciotto sono stati prodotti a Cambridge e diciassette nel primo terzo del secolo XV. Assistito da copisti di professione, in particolare Fish Scribe, Dyngley ha realizzato un volume delle Epistolae di san Girolamo (Peterhouse MS 198), un volume delle Omelie di Origene (MS 226), tre collezioni con opere di sant'Ambrogio (MSS 110, 111, 114), nove antologie di sant'Agostino e una miscellanea con i Padri minori. [1]

Il primo capitolo è dedicato alla vita comunitaria di Peterhouse, il collegio fondato nel 1284 da Hugh Balsham, vescovo di Ely. Per la scarsità di risorse finanziarie disponibili, la ripartizione dei compiti era particolarmente complicata e a causa di ciò lo stesso membro poteva ricoprire al tempo stesso più cariche. Dyngley - di cui non si conoscono né l'anno né il luogo di nascita - appare nella documentazione a partire dal 1385. Nel 1388 impegna un Digestum vetus miniato (Peterhouse MS 18), mentre la sua carriera accademica si può ricostruire anche grazie ai libri che lascia in dono: Unum librum questionum philosophie, un commento agli Analytica Priora, un Liber primum sententiarum, etc.

Dyngley ha ricoperto più volte la carica di economo e la documentazione prodotta nell'adempimento delle sue funzioni preserva esempi - datati - della sua mano (l'argomento è approfondito nel cap. 3), oltre ad offrire interessanti squarci di vita quotidiana all'interno del Collegio. Nell'App. 1 è offerto un elenco, in ordine cronologico, di documenti relativi a Dyngley e alle varie cariche ricoperte. L'App. 2 è invece dedicata al Registrum vetus della libreria di Peterhouse (iniziato nel 1418) dove è stata registrata anche la donazione post mortem di Dyngley. In questo saggio l'attenzione è rivolta alle mani intervenute nel Registro, ma sarebbe stato senz'altro utile riproporre l'elenco dei libri di Dyngley, segnalando quelli ancora esistenti o sino ad oggi identificati.

Il cap. 2 è dedicato al Progetto. Partendo dalle Tabulae super originalia patrum (Peterhouse MS 147) di Kilwardby, Dyngley intese estrarre gli indici e copiarli insieme alle opere di sant'Agostino (originalia). Una seconda fonte è stata il ms Peterhouse 169.I, un indice di opere esegetiche patristiche sulla bibbia. La prefazione Perpenditur compare in dieci delle quattordici antologie allestite da Dyngley (tav. 2.1) e a parere dell'A. 'sound like a manifesto'. La prefazione precede la lista del contenuto che elenca non solo i tituli, ma anche capitula e tabulae. Queste ultime (instrumenta studiorum) sono in littera textualis, visivamente distinte dal testo copiato in anglicana. Nei fogli di guardia dei MSS 114, 180, 193, 203, inoltre, sono stati utilizzati fascicoli smembrati provenienti da un testimone della Collectio (Decretalium) Peterhusensis del sec. XII. [2] A conclusione del lavoro, Dyngley registra sui manoscritti i costi sostenuti per la pergamena (pro pergameno), la decorazione (pro luminacione) e la legatura (pro ligacione) (cf. tav. 2.6 e tav. 2.7 per i costi della decorazione).

Le diverse scritture impiegate sono analizzate nel cap. 3. Nelle Sententiae metrice redactae, trasmesse nei primi quattro fascicoli del Peterhouse MS 259, e sottoscritte (fig. 3.1), Dyngley impiega una 'early cursive hand' (classificata anglicana nel catalogo di Rodney Thomson). Le registrazioni nei libri di conto sono in 'a utilitarian cursive' (una 'usuale', dunque) e la stessa è impiegata per gli interventi correttori e le note bibliografiche sui codici patristici. Infine per gli instrumenta studiorum, per le tavole, i titoli correnti e per tutti i testi che copia di sua mano si avvale di una littera textualis, già definita dai Rouse 'cramped and confusing'.

Il quarto capitolo è dedicato ai copisti impiegati per il Progetto. Il principale, un copista di professione, è Fish Scribe, così chiamato per l'uso di un richiamo a forma di pesce con una foglia in bocca (fig. 3.8). Sopravvivono quindici manoscritti di sua mano, dodici a Peterhouse, tre al Pembroke College (per questi ultimi v. App. 4), identificati da Rodney Thomson nel catalogo del 2022. In tre manoscritti Fish Scribe lavora con un copista più giovane, forse un apprendista, denominato Flat-iron (per la forma della lettera 'd' che lo caratterizza). Un secondo è chiamato Zed, un terzo Faux-Fish "because James identified the hand in MS 88 as 'the usual hand,' that is, the 'Fish Scribe'". Il quinto capitolo è infine dedicato all'esame di alcuni casi specifici.

Sebbene realizzata nei primi decenni del Quattrocento, la costruzione della biblioteca patristica da parte di William Dyngley non ha fondamenti umanistici. Mise en page e decorazione ricalcano modelli medievali quando la circolazione delle opere dei Padri della Chiesa era garantita anche dalle Università. Al termine degli Originalia beati Augustini elencati negli statuti parigini del 1275 compare la voce Textus librorum che ormai venti anni fa ho supposto potesse corrispondere alla Tabula de concordantiis quorundam originalium Augustini, Anselmi, Bernardi et aliorum in tondo nel Cambridge Pembroke College Ms 104. [3] Dyngley ha utilizzato la Tabula di Kilwardby e l'indice contenuto nel Peterhouse 169.I come strumenti e supporti, ovvero per quegli stessi fini per i quali furono approntati e diffusi nelle università.

Purtroppo neppure dagli indici che chiudono il volume è possibile conoscere quante e quali opere siano state copiate per il Progetto. Sebbene lo studio di Nichols sia minuzioso e accurato e le numerose riproduzioni offrano un valido supporto, dobbiamo segnalare l'assenza di un prospetto, di una tabella, con l'elenco dei manoscritti di Dyngley (o quanto meno di quelli oggetto d'esame) che avrebbe senz'altro guidato il lettore ad una migliore comprensione dell'intero Progetto e, non ultimo, anche dei suoi contenuti.


Note:

[1] Di nessuno di essi pare ancora disponibile una copia digitale.

[2] C. Duggan: Twelfth-century Decretal Collections, London 1963, 103.

[3] Giovanna Murano: Opere diffuse per exemplar e pecia, Turnhout 2005, 274-281.

Giovanna Murano