António Mesquita / Simon Noriega-Olmos / Christopher Shields (eds.): Revisiting Aristotle's Fragments. New Essays on the Fragments of Aristotle's Lost Works (= Beiträge zur Altertumskunde; 388), Berlin: De Gruyter 2020, VI + 304 S., ISBN 978-3-11-067978-6, EUR 99,95
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Il volume curato da António Mesquita, Simon Noriega-Olmos, Christopher Shields e intitolato "Revisiting Aristotle's Fragments. New Essays on the Fragments of Aristotle's Lost Works" contiene una parte degli interventi presentati in occasione di un convegno che si tenne a Lisbona nel luglio 2016 sulle opere perdute di Aristotele. Quell'incontro e la successiva pubblicazione degli Atti, come non mancano di sottolineare gli Editori, rappresentano un reale e consistente contributo che "fills a long gap in the bibliography of Aristotle's lost works an fragments" (1), un giudizio che mi sembra di poter condividere.
Tra gli scritti perduti di Aristotele ci sono opere la cui scomparsa è veramente lamentevole e fra questi nello specifico il Protrettico, i tre libri Sulla filosofia e il dialogo intitolato Eudemo. Per i primi due, i papiri hanno in qualche caso apportato significativi contributi se possiamo accettare (al di là di qualche lecita incertezza) recenti proposte di attribuzione. La più intrigante è senza dubbio quella ripresa e confortata da Th. Auffret (Elenchos 40, 2019, 25-66) con argomenti di peso che il famoso, ma quantomai frammentario papiro di Aï Khanoum conservi resti del secondo libro del De philosophia.
Nelle dense pagine dell'introduzione (1-7), gli Editori chiariscono i fini che hanno ispirato la loro raccolta e in particolare insistono sulla luce che dall'esame di specifici frammenti di opere perdute dello Stagirita deriva per la comprensione di luoghi dei suoi trattati scolari tuttora conservati: "This book provide secure ground for philosophical interpretation of endlessly debatable passages from the Physics, De anima, the biological treatises, the Metaphysics, Politics, Rhetoric and Poetic. At the same time, it challenges traditional assumptions about the dating of Aristotle's lost works, his philosophical development, and the contents of the fragments" (3).
Il resto del volume si declina in due parti che riuniscono un totale di dieci contributi. La prima parte ("Philosophy and Philosophical Perspectives in Aristotle's Fragments") conta quattro capitoli nei quali ci si sofferma sugli interessi di Aristotele e sui fini che si era prefissi nel redarre alcuni degli scritti oggi perduti. Il tutto in un tentativo di comprendere altresì come egli elaborò la sua concezione della filosofia sia nelle opere popolari perdute sia in quelle scientifiche giunte fino a noi.
R. Hildebrandt, "What is Philosophy in the Protrepticus?" (11-47) indaga in che modo Aristotele nel Protrettico propone che si debba filosofare. A differenza di W. Jaeger che scorgeva nell'opera una forte influenza platonica, la studiosa ne mette in evidenza tratti già genuinamente aristotelici. Anche l'articolo di Chr. Moore, "Aristotle's Philosophêmata" (49-65) ha come oggetto il Protrettico e propone una innovante interpretazione secondo la quale i philosophêmata sarebbero "the materials by means of which we can continue our conversations with the dead" (65). Con l'articolo di C. Megino, "On the Role of the Platonic Interlocutor in Aristotle's Dialogue On Philosophy" (67-82) il discorso si sposta sul De philosophia. Egli nega che certe posizioni del dialogo fossero sostenute da un interlocutore che si proponeva di difendere dottrine platoniche a partire dal presupposto che gli argomenti sull'esistenza di dio e sulla indistruttibilità del mondo (fr. 13.2, 13.3 e 19c Ross) non riflettono il pensiero di Platone, ma esprimono piuttosto posizioni proprie di Aristotele. M. Petrova, "Aristotle on Wine and Intoxication" (83-90) sottolinea infine la stretta affinità di contenuto fra gli attuali fr. 8-9 Ross del Simposio e un ulteriore passo di Macrobio (Sat. 7. 6. 17-21) che a questi può essere accostato. Il che consente di sapere qualosa di più del contenuto del perduto libro di Aristotele Sulla intossicazione.
La seconda parte del del volume ("Philosophical Problems in Light of Aristotle's Fragments") prende in considerazione singole opere perdute che vengono interpretate con un approccio innovante che consiste a confrontarne i frammenti con passi 'paralleli' nei trattati di scuola con risulati che si illuminano a vicenda. I temi trattati nei sei capitoli spaziano dalla teologia alle scienze naturali, la psicologia, la politica e la poetica. A. Falcon, "The Lost On Philosophy and Aristotle's Natural Philosophy" (93-108) si concentra sul De philosophia e studia i possibili apporti che quell'opera avrebbe potuto apportare alla nascita della scienza della natura aristotelica giungendo a conclusioni in larga misura negative. R. Mayhew, "Athenaeus' Deipnosophistae 7 and Aristotle's Lost Zoïka or On Fish" (109-139) presenta un dettagliato sguardo d'insieme sui resti delle opere perdute di Aristotele sulla zoologia attraverso una analisi puntuale dei frammenti citati da Ateneo nel settimo libro dei Deipnosofisti. Chr. Shields, "In Dialogue about Harmony" (141-162) riprende l'annoso dibattito sulla cronologia del De philosophia e dell'Eudemo sul fondamento di una rilettura di De an. 1.4 in relazione alle critiche mosse con la dottrina dell'anima armonia. In seguito, J. G. Rheins, "The Spurious Fragments of a Supposed Aristotelian Argument from Design" (163-199) propone un rinnovato studio dei frammenti utili per la comprensione della teleologia aristotelica con una attenzione particolare per il De philosophia. A.P. Mesquita, "Aristotle's Lost Dialogue On Good Birth and Kingship as the Best Regime" (201-220) studia una solo apparente contraddizione nella teoria politica di Aristotele a proposito della regalità come il migliore regime politico e del ruolo e dell'importanza della nobiltà. Infine G. Verhasselt, "Did Homer Nod Off? Aristotle and Homeric Problem-Solving" (221-261) analizza la posizione di Aristotele nel dibattito antico fra i critici di Omero e i difensori di Omero. Aristotele difende Omero, ma rinuncia a proporre una interpretazione allegorica dei suoi poemi e nei Problemi Omerici ne propone un approccio che corrisponde a quello che leggiamo in Poet. 25.
Il volume è accompagnato da una bibliografia complessiva (263-275) e indici dei luoghi citati (277-295) e dei nomi (297-304).
In conclusione, siamo di fronte a un prodotto di buona qualità che riunisce indagini innovanti in un dominio di ricerca che, dopo un lungo periodo in cui era stato fin troppo trascurato, riaffiora e attira di nuovo l'attenzione degli studiosi. Non resta che attendere che forze giovani e volenterose si uniscano nell'impegnativo, ma quantomai necessario, impegno di lavorare a una nuova e moderna edizione di tutto quello che resta del naufragio delle opere perdute di Aristotele. I tempi sono ormai maturi per ottemperare a questa esigenza che diviene sempre più urgente e il cui fine è quello di rimpiazzare i contributi certo ancora fondamentali, ma ormai datati, di V. Rose (nelle tre edizioni del 1863, 1870 e 1886) nonché quelli incompleti e limitati di R. Walzer (1934), D. Ross (1955), M. Plezia (1977), fino alla purtroppo deludente operazione di O. Gigon (1987) assai più ricca di testi, ma inficiata da grossi difetti come quello di presentare il materiale in maniera caotica e indigesta.
Tiziano Dorandi